venerdì 27 novembre 2009

Ciampi a Repubblica

«VIVIAMO un tempo triste. Negli anni finali della mia vita, non immaginavo davvero di dover assistere ad un simile imbarbarimento dell' azione politica, ad una aggressione così brutale e sistematica delle istituzioni e dei valori nei quali ho creduto...». La prima cosa che colpisce, nelle parole di Carlo Azeglio Ciampi, è l' amarezza. Un' amarezza profonda, sul destino dell' Italia e sulle condizioni della nostra democrazia. E MAI come in questa occasione l' ex capo dello Stato, da vero «padre nobile» della Repubblica, lancia il suo atto d' accusa contro chi è responsabile di questo «imbarbarimento» e di questa «aggressione»: Silvio Berlusconi, il suo governo e la sua maggioranza, che stanno abbattendo a «colpi di piccone» i principi sui quali si regge la Costituzione, cioè «la nostra Bibbia civile». «Vede - ragiona Ciampi - la mia amarezza deriva dalla constatazione ormai quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma non solo sulla giustizia. È in corso un vero e proprio degrado dei valori collettivi, si percepisce un senso di continua manipolazione delle regole, una perdita inesorabile di quelli che sono i punti cardinali del nostro vivere civile». Vale per tutto: non solo i rapporti tra politica e magistratura. Le relazioni tra potere esecutivo e Parlamento, tra governo e presidenza della Repubblica, tra premier e organi di garanzia, a partire dalla Corte costituzionale. L' intero sistema istituzionale, secondo Ciampi, è esposto ad un' opera di progressiva «destrutturazione». «Qui non è più una questione di battaglia politica, che può essere anche aspra, come è naturale in ogni democrazia. Qui si destabilizzano i riferimenti più solidi dell' edificio democratico, cioè le istituzioni,e si umilianoi valori che le istituzioni rappresentano. Questa è la mia amara riflessione...». Ciampi, forse per la prima volta, parla senza mezzi termini del Cavaliere, e di ciò che ha rappresentato e rappresenta in questo «paesaggio in decomposizione». «Mi ricordo un bel libro di Marc Lazar, uscito un paio d' anni fa, nel quale io e Berlusconi venivamo raccontati come gli estremi di un pendolo: da una parte Ciampi, l' uomo che difende le istituzioni, e dall' altra parte Berlusconi, l' uomo che delegittima le istituzioni. Mai come oggi mi sento di dire che questa immagine riassume alla perfezione quello che penso. Io ho vissuto tutta la mia vita nelle istituzioni e per le istituzioni, che sono il cuore della democrazia. E non dimentico la lezioni di Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione napoletana del 1797: alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli uomini, le istituzioni oltrepassano i limiti delle generazioni. Ma poi, a rendere vitali le istituzioni, occorrono gli uomini, le loro passioni civili, i loro ideali di democrazia. Ed io, oggi, è proprio questo che vedo mancare in chi ci governa...». L' ultimo capitolo di questa nefasta «riscrittura» della nostra Costituzione formale e materiale riguarda ovviamente la giustizia, il Lodo Alfanoe ora anche il disegno di legge sul processo breve con il quale il premier, per azzerare i due processi che lo riguardano, fa terra bruciata dell' intera amministrazione giudiziaria corrente. Anche su questo la condanna di Ciampi è senza appello: «Le riforme si fanno per i cittadini, non per i singoli. L' ho sempre pensato, ed oggi ne sono più che mai convinto: basta con le leggi ad personam, che non risolvono i problemi della gente e non aiutano il Paese a migliorare». Fa di più, l' ex presidente della Repubblica. E si spinge a riflettere su ciò che potrà accadere, se e quando questa nuova legge-vergogna sarà approvata: «Io non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione. Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale. La si usi:è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all' opinione pubblica». Ciampi non nomina Napolitano, ma fa un riferimento implicito a Francesco Saverio Borrelli: «Credo che per chi haa cuore le istituzioni, oggi, l' unica regola da rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti». Lui stesso, nel suo settennato sul Colle, ha resistito più volte alle spallate del Cavaliere. Dalla legge Gasparri per le tv alla riforma dell' ordinamento giudiziario di Castelli: «È vero, ma ho fatto solo il mio dovere. C' è solo una cosa, della quale mi rammarico ancora oggi: il mio unico messaggio alle Camere, quello sul pluralismo del sistema radiotelevisivo e dell' informazione. Allora era un tema cruciale, per la qualità della nostra democrazia. Il Parlamento non lo raccolse,e da allora non si è fatto niente. Oggi, e basta guardare la televisione per rendersene conto, quel tema è ancora più grave. Una vera e propria emergenza». Ma in tanto buio, secondo Ciampi c' è anche qualche spiraglio di luce. Per esempio l' appello lanciato su "Repubblica" da Roberto Saviano, che chiede al premier di ritirare la legge sull' abbreviazione dei processi, la «norma del privilegio». «Io - commenta il presidente emerito della Repubblica - per il ruolo che ho ricoperto non uso firmare appelli. Ma condivido dalla prima all' ultima riga quello di Saviano. Risponde a uno dei principi che mi hanno guidato per tutta la vita. E il fatto che abbia ottenuto così tante adesioni rappresenta una speranza, soprattutto per i giovani. È il vecchio motto dei fratelli Rosselli: non mollare. Loro pagarono con la vita la fedeltà a questo principio. Qui ed ora, in Italia, non c' è in gioco la vita delle persone. Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali abbiamo creduto. In ballo c' è la buona democrazia: credetemi, è abbastanza per non mollare».

m.giannini@repubblica.it PRESIDENTE EMERITO Carlo Azeglio Ciampi è stato presidente della Repubblica dal 1999 al 2006 Oggi è senatore a vita - MASSIMO GIANNINI

Ciampi a Repubblica

«VIVIAMO un tempo triste. Negli anni finali della mia vita, non immaginavo davvero di dover assistere ad un simile imbarbarimento dell' azione politica, ad una aggressione così brutale e sistematica delle istituzioni e dei valori nei quali ho creduto...». La prima cosa che colpisce, nelle parole di Carlo Azeglio Ciampi, è l' amarezza. Un' amarezza profonda, sul destino dell' Italia e sulle condizioni della nostra democrazia. E MAI come in questa occasione l' ex capo dello Stato, da vero «padre nobile» della Repubblica, lancia il suo atto d' accusa contro chi è responsabile di questo «imbarbarimento» e di questa «aggressione»: Silvio Berlusconi, il suo governo e la sua maggioranza, che stanno abbattendo a «colpi di piccone» i principi sui quali si regge la Costituzione, cioè «la nostra Bibbia civile». «Vede - ragiona Ciampi - la mia amarezza deriva dalla constatazione ormai quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma non solo sulla giustizia. È in corso un vero e proprio degrado dei valori collettivi, si percepisce un senso di continua manipolazione delle regole, una perdita inesorabile di quelli che sono i punti cardinali del nostro vivere civile». Vale per tutto: non solo i rapporti tra politica e magistratura. Le relazioni tra potere esecutivo e Parlamento, tra governo e presidenza della Repubblica, tra premier e organi di garanzia, a partire dalla Corte costituzionale. L' intero sistema istituzionale, secondo Ciampi, è esposto ad un' opera di progressiva «destrutturazione». «Qui non è più una questione di battaglia politica, che può essere anche aspra, come è naturale in ogni democrazia. Qui si destabilizzano i riferimenti più solidi dell' edificio democratico, cioè le istituzioni,e si umilianoi valori che le istituzioni rappresentano. Questa è la mia amara riflessione...». Ciampi, forse per la prima volta, parla senza mezzi termini del Cavaliere, e di ciò che ha rappresentato e rappresenta in questo «paesaggio in decomposizione». «Mi ricordo un bel libro di Marc Lazar, uscito un paio d' anni fa, nel quale io e Berlusconi venivamo raccontati come gli estremi di un pendolo: da una parte Ciampi, l' uomo che difende le istituzioni, e dall' altra parte Berlusconi, l' uomo che delegittima le istituzioni. Mai come oggi mi sento di dire che questa immagine riassume alla perfezione quello che penso. Io ho vissuto tutta la mia vita nelle istituzioni e per le istituzioni, che sono il cuore della democrazia. E non dimentico la lezioni di Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione napoletana del 1797: alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli uomini, le istituzioni oltrepassano i limiti delle generazioni. Ma poi, a rendere vitali le istituzioni, occorrono gli uomini, le loro passioni civili, i loro ideali di democrazia. Ed io, oggi, è proprio questo che vedo mancare in chi ci governa...». L' ultimo capitolo di questa nefasta «riscrittura» della nostra Costituzione formale e materiale riguarda ovviamente la giustizia, il Lodo Alfanoe ora anche il disegno di legge sul processo breve con il quale il premier, per azzerare i due processi che lo riguardano, fa terra bruciata dell' intera amministrazione giudiziaria corrente. Anche su questo la condanna di Ciampi è senza appello: «Le riforme si fanno per i cittadini, non per i singoli. L' ho sempre pensato, ed oggi ne sono più che mai convinto: basta con le leggi ad personam, che non risolvono i problemi della gente e non aiutano il Paese a migliorare». Fa di più, l' ex presidente della Repubblica. E si spinge a riflettere su ciò che potrà accadere, se e quando questa nuova legge-vergogna sarà approvata: «Io non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione. Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale. La si usi:è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all' opinione pubblica». Ciampi non nomina Napolitano, ma fa un riferimento implicito a Francesco Saverio Borrelli: «Credo che per chi haa cuore le istituzioni, oggi, l' unica regola da rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti». Lui stesso, nel suo settennato sul Colle, ha resistito più volte alle spallate del Cavaliere. Dalla legge Gasparri per le tv alla riforma dell' ordinamento giudiziario di Castelli: «È vero, ma ho fatto solo il mio dovere. C' è solo una cosa, della quale mi rammarico ancora oggi: il mio unico messaggio alle Camere, quello sul pluralismo del sistema radiotelevisivo e dell' informazione. Allora era un tema cruciale, per la qualità della nostra democrazia. Il Parlamento non lo raccolse,e da allora non si è fatto niente. Oggi, e basta guardare la televisione per rendersene conto, quel tema è ancora più grave. Una vera e propria emergenza». Ma in tanto buio, secondo Ciampi c' è anche qualche spiraglio di luce. Per esempio l' appello lanciato su "Repubblica" da Roberto Saviano, che chiede al premier di ritirare la legge sull' abbreviazione dei processi, la «norma del privilegio». «Io - commenta il presidente emerito della Repubblica - per il ruolo che ho ricoperto non uso firmare appelli. Ma condivido dalla prima all' ultima riga quello di Saviano. Risponde a uno dei principi che mi hanno guidato per tutta la vita. E il fatto che abbia ottenuto così tante adesioni rappresenta una speranza, soprattutto per i giovani. È il vecchio motto dei fratelli Rosselli: non mollare. Loro pagarono con la vita la fedeltà a questo principio. Qui ed ora, in Italia, non c' è in gioco la vita delle persone. Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali abbiamo creduto. In ballo c' è la buona democrazia: credetemi, è abbastanza per non mollare». m.giannini@repubblica.it PRESIDENTE EMERITO Carlo Azeglio Ciampi è stato presidente della Repubblica dal 1999 al 2006 Oggi è senatore a vita - MASSIMO GIANNINI

mercoledì 11 novembre 2009

Le motivazioni della sentenza

La corruzione è "susseguente" e non "antecedente"alle testimonianze
ritenute false e reticenti, che rese nell'intento di favorire Berlusconi

Mills, le motivazioni della condanna in appello
"Corruzione dopo la testimonianza pro-premier"

MILANO - David Mills è stato condannato dai giudici della seconda sezione penale della Corte d'Appello di Milano per corruzione in atti giudiziari "susseguente" e non "antecedente" alle testimonianze, ritenute false e reticenti, che rese nell'intento di favorire Silvio Berlusconi. Lo spiegano le motivazioni della sentenza depositata oggi dal relatore Rosario Spina. Nelle quali si parla di una confessione "genuina e sincera" (antecedente alle successive ritrattazioni) del legale inglese.

"L'accordo concluso a fine 1999". Secondo i consiglieri della Corte d'appello di Milano l'accordo illecito tra Mills e un emissario di Berlusconi si è concluso alla fine del 1999: dunque, non prima (come era stato ritenuto con la condanna di primo grado), ma dopo le testimonianze rese da Mills nei processi All Iberian e Arces.

Gli elementi certi. Gli elementi certi sono "un compenso di 600mila dollari e la promessa di tale compenso nell'autunno 1999. Elementi che - si legge nella sentenza - si collocano temporalmente in epoca successiva rispetto alle deposizioni testimoniali di Mills, e da essi non si può pertanto prescindere per valutare la qualificazione del tipo di corruzione".

La "promessa di Carlo Bernasconi". Nella sentenza si parla di una "promessa di Carlo Bernasconi (amico di Mills e figura manageriale del gruppo Fininvest, ndr) che sicuramente è avvenuta nell'autunno 1999 e di un compenso che è disponibile successivamente a tale data". Il momento in cui si consuma il reato è il 29 febbraio 2000, "data in cui Mills si fa intestare le quote del Torrey Global Fund".

Le date. Il 29 febbraio del 2000 è quindi la data in cui la promessa fatta a Mills nel 1999 si realizza. "A ben vedere la data può non essere un caso - scrive il giudice Spina - la data del 29 febbraio 2000 è immediatamente successiva al momento in cui si è celebrata la fase di appello del processo, in cui Mills è stato assunto come teste, e proprio successivamente a tale celebrazione, quando la Corte ha deciso di non rinnovare il dibattimento, si ha la certezza che lo stesso non dovrà essere piùsentito come teste, e quindi la vicenda si può considerare conclusa".

La testimonianza poi ritrattata. "Non credo che
occorrano molte parole - disse Mills nel 2004 ai magistrati - io sono stato sentito più volte in indagini e processi che riguardavano Silvio Berlusconi e il Gruppo Fininvest e pur non avendo mai detto il falso, ho tentato di proteggerlo nella massima misura possibile e di mantenere laddove possibile una certa riservatezza sulle operazioni che ho compiuto per lui. In questo quadro che nell'autunno del 1999, Carlo Bernasconi mi disse che Berlusconi a titolo di riconoscenza per il modo in cui io ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e dei processi, aveva deciso di destinare a mio favore una somma di denaro".

Ritrattazione non credibile. Per i giudici d'Appello la ritrattazione fatta dall'avvocato inglese (in cui dichiarava che "per ragioni che io ancora oggi faccio fatica a comprendere, ho detto che i soldi non erano di Fininvest ma dell'armatore napoletano Attanasio") non è dunque credibile. I consiglieri d'Appello non hanno accolto neanche la tesi della difesa secondo cui Mills non potrebbe essere condannato, perché la sua testimonianza non avrebbe prodotto alcun vantaggio a Berlusconi. "E' necessario - conclude la sentenza - che la condotta sia stata semplicemente finalizzata a produrre un vantaggio indipendentemente dal fatto che questo si sia prodotto. Il fatto che Berlusconi non sia stato assolto non ha rilievo. Mills stesso ha ammesso apertis verbis di avere comunque evitato a Berlusconi un mare di guai con la sua deposizione".

Fonte: Repubblica.it


martedì 25 agosto 2009

venerdì 21 agosto 2009

Chi non vuole vedere e chi muore

Sono arrivati in cinque. Erano ische-­letriti, cotti dal sole che martella, in agosto, sul canale di Sicilia. Ma il bar­cone, era grande: ce ne stipano ottanta, i trafficanti in Libia, di migranti, su bar­che così. Affastellati uno sull’altro co­me bidoni, schiena a schiena, gli ultimi seduti sui bordi, i piedi che penzolano sull’acqua. E dunque quel barcone vuo­to, con cinque naufraghi appena, è sta­to il segno della tragedia. Laggiù a 12 miglia da Lampedusa, ai margini estre­mi dell’Europa, un relitto di fantasmi. Cinque vivi e forse più di settanta mor­ti, in venti giorni di peregrinazione cie­ca nel Mediterraneo.

Decine e decine di eritrei inabissati come una povera za­vorra di ossa in fondo a quello stesso mare in cui a Ferragosto incrociano na­vi da crociera, traghetti, e gli yacht dei ricchi. È questo il dato che raggela an­cor più. Perché in venti giorni, nelle acque della Libia e di Malta, e in mare aperto, qualcuno avrà pure incrociato, o almeno intravisto da lontano quel barcone; ma lo ha lasciato andare al suo destino. Solo da un peschereccio, hanno detto i superstiti, ci hanno da­to da bere. Come dentro a una spieta­ta routine: eccone degli altri. E non ci si avvicina. Non si devia dalla rotta tracciata, per un pugno di miserabili in alto mare. Noi non sappiamo immaginare davve­ro. Come sia immenso il mare visto da un guscio alla deriva; come sia spaven­toso e nero, la notte, senza una luce.

Co­me picchi il sole come un fabbro sulle teste; come devasti la sete, come scar­nifichino la pelle le ustioni. Noi del mon­do giusto, che su quelle stesse acque d’a­gosto ci abbronziamo, non sappiamo quale spaventevole nemico siano le on­de, quando il motore è fermo, e l’oriz­zonte una linea vuota e infinita. Non possiamo sapere cosa sia assistere all’a­gonia degli altri, impotenti, e gettarli in acqua appena dopo l’ultimo respiro. 'Altri' che sono magari tuo marito o tuo figlio. Ma bisogna liberarsene, senza tempo per piangere. Perché quel sole tormenta e disfa anche i morti; e i vivi, vogliono vivere. Noi non sappiamo com’è il Mediterra­neo visto da un manipolo di poveri cri­sti eritrei, fuggiti dalla guerra, sfruttati dai trafficanti, messi in mare con un po’ di carburante e vaghe indicazioni di u­na rotta.

Ma c’è almeno un equivoco in cui non è ammissibile cadere. Nessuna politica di controllo della immigrazio­ne consente a una comunità interna­zionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino. Esiste una leg­ge del mare, e ben più antica di quella pure codificata dai trattati. E questa leg­ge ordina: in mare si soccorre. Poi, a ter­ra, opereranno altre leggi: diritto d’asi­lo, accoglienza, respingimento. Poi. Ma le vite, si salvano. E invece quel barcone vuoto – non il pri­mo arrivato come un relitto di morte al­la soglia delle nostre acque – dice del farsi avanti, tra le coste africane e Mal­ta, di un’altra legge. Non fermarsi, tirar dritto. (Pensate su quella barca, se avvi­stavano una nave, che sbracciamenti, che speranza. E che piombo nel cuore, nel vederla allontanarsi all’orizzonte).

La nuova legge del non vedere. Come in un’abitudine, in un’assuefazione. Quan­do, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo, ci chiedia­mo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il tota­litarismo e il terrore, a far chiudere gli oc­chi. Oggi no. Una quieta, rassegnata in­differenza, se non anche una infastidi­ta avversione, sul Mediterraneo. L’Oc­cidente a occhi chiusi. Cinque naufra­ghi sono arrivati a dirci di figli e mariti morti di sete dopo giorni di agonia. Nel­lo stesso mare delle nostre vacanze. U­na tomba in fondo al nostro lieto mare. E una legge antica violata, che minac­cia le stesse nostre radici. Le fonda­menta. L’ idea di cos’è un uomo, e di quanto infinitamente vale.
Marina Corradi
http://www.avvenire.it/Commenti/CHI+NON+VUOLE+VEDERE+E+CHI+MUORE_200908210722579570000.htm



domenica 14 giugno 2009

Un Congresso per ricominciare

Queste le parole del Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, in risposta alle tante e trasversali richieste di una sua candidatura a Segretario del Partito in vista del prossimo Congresso. La ricostruzione, questo chiedono i militanti del Partito, questo chiediamo, noi che in questo Partito abbiamo creduto, e ancora crediamo nella rivoluzione storica e politica che la sua nascita rappresenta, ma che finora è rimasta solo negli intenti, quasi si trattasse di un cartello elettorale. Un Partito di militanti, questo vorrei: un Partito Democratico che si (ri)costruisca sulla passione che i militanti riversano, il cuore oltre l'ostacolo, nell'umiltà dei piccoli gesti quotidiani sul territorio. Un Segretario animato dalla stessa passione, dalla stessa fiducia nell'importanza del progetto, da una nuova idea di Italia, da un progetto di futuro; questo penso sia mancato al Partito durante la sua breve esistenza, annaspante come è stato in mille lotte intestine che di ambizione e di arroganza si nutrono. A poco servono le fini analisi politologiche riguardo a dove raccimolare voti, a quale schieramento politico (centro? sinistra?) indirizzare la propria sete di consenso; il tutto per un obiettivo nobile, vincere e governare, certo, ma penso che il Partito dovrebbe prima di tutto farsi carico di una nuova proposta d'Italia e, se questo vorrà dire ripartire dal 5%...Ebbene, dobbiamo essere pronti a farlo, se crediamo nella bontà del progetto! Prima o poi i voti arriveranno, se sapremo credere nelle nostre Idee e nei nostri Valori, parole abusatissime, ma dense di significato, se lo si vuole cercare.
Quindi faccio mie queste parole di Zingaretti, sperando che il nuovo Segretario sappia agire da militante, con la voglia di osare, di rischiare (come diceva il povero Walter...), di emozionare, di recuperare il brivido della Politica.

"Ora c'è un'altra opportunità, ma la politica almeno per me continua a non essere carriera, ma servizio e coerenza. Non sarò candidato, ma sarò presente e attivo, ancora con maggiore libertà nel congresso per favorire l'aggregazione, lo sviluppo di un pensiero nuovo, oltre le vecchie storie politiche che hanno fondato il Pd. Nuove generazioni nel Pd provenienti da storie le più diverse ci sono, ma sono deboli perché frantumate e divise in mille municipalismi e solitudini. Questo le rende vulnerabili a ogni sorta di strumentalizzazione ma soprattutto inermi e deboli rispetto alle domande che abbiamo davanti e alle quali nessuno sembra saper dare risposta: cosa è diventata l'Italia? Qual è la nostra ricetta? Come ridefinire un nuovo e attuale patto sociale che riunisca il Paese? Come strutturare un partito moderno che non sia una confederazione di correnti e interessi privati?. Secondo me in questo momento prima ma molto prima dei nomi, sarebbe urgente dare risposte collettive, e sottolineo collettive, a queste e altre domande e poi trovare leadership adeguate a rappresentarle con coerenza per vincere nel 2013 e per dirla con Eugenio Scalari, senza cadere nell'errore a cui Berlusconi ci induce, di essere schiacciati nel quotidiano".

venerdì 15 maggio 2009

Radical chic e radical choc

UMBERTO Bossi, dopo il voto finale della Camera al "pacchetto sicurezza", ha sostenuto che lui "sa ascoltare la gente". Si riferiva all'ammonimento del Presidente della Repubblica contro il rischio della xenofobia. Ma voleva, soprattutto, commentare la posizione e le parole del Pd contro i contenuti del decreto. Contro le norme che legittimano le ronde. Contro la tendenza, generalizzata, a stigmatizzare gli immigrati; a rendere più difficile e "costosa" la loro condizione. Clandestini, irregolari. Ma anche regolari.

Bossi ha osservato che questi atteggiamenti appaiono una sorta di suicidio in diretta della sinistra. E, in effetti, ha ragione. Non sul suicidio in diretta, visto che il "cupio dissolvi" della sinistra italiana ha una storia molto più lunga. Impegnata com'è a frammentarsi, dividersi, combattere anzitutto con se stessa e al proprio interno. Però è vero che, su questi (e molti altri) argomenti, la sinistra italiana - e non solo italiana - appare lontana dal sentire comune. Mentre la Lega, invece, lo interpreta fino in fondo. Anzi: lo moltiplica, lo amplifica. Non c'è bisogno di sondaggi per sapere che gli italiani del Nord, ma anche del Sud, come quelli delle regioni del Centro, tradizionalmente di sinistra, si sentono "insicuri". E vedono negli immigrati una causa della loro insicurezza. Anzi: la causa principale. Non solo gli italiani poveri delle periferie effettivamente "insicure", che condividono con gli immigrati, ancor più poveri di loro. Anche quelli mediamente o largamente ricchi sono altamente insicuri. Temono per la propria incolumità. Per la "sicurezza" della propria famiglia. Della propria abitazione. Della propria persona. La Lega in questa Italia è molto presente. Ha occhi e orecchie dovunque, perché dispone di tanti militanti sparsi sul territorio, oltre che di tanti elettori. La votano anche per questo. Perché la Lega li ascolta, ne annusa gli odori, ne coglie il rumore di fondo, l'insofferenza, la frustrazione, l'insoddisfazione. La paura. E non si limita a raccogliere questi sentimenti, ma li riverbera e li enfatizza. In modo "iperrealista" più che realista (riprendo una suggestione di Carlo Marletti). Ne riproduce e ripropone alcuni particolari in modo fotografico e talmente ingrandito da deformarli.
Sui provvedimenti del decreto sicurezza possiamo stare sicuri: ha ragione la Lega. Gli italiani del Nord e anche di altre zone del paese stanno dalla sua parte. Lo dicono i sondaggi. Ne siamo sicuri. Altrimenti Berlusconi non si sarebbe schierato tanto entusiasticamente accanto a Maroni.

Fino ad oggi il Cavaliere sull'immigrazione ci era andato sempre cauto. Non gli è mai piaciuto dispiacere. Invece, questa volta non si è limitato a dileggiare la sinistra "radical chic" ma si è espresso con un linguaggio "radical choc". Fino a sostenere che "l'Italia non sarà mai un paese multietnico". Oggi, che ci vivono 4-5 milioni di immigrati. Un po' fuori tempo. Si è, dunque, convertito al verbo leghista, come ha osservato con malcelata ironia - e soddisfazione - Umberto Bossi. In nome della legge del marketing. L'unica legge a cui il Cavaliere si adegui veramente.

Perché i sondaggi dicono quel che tutti noi immaginiamo, anche senza averli fatti o visti. Cioè: gli italiani sono d'accordo con ogni legge e ogni provvedimento che prometta di "respingere gli stranieri". E insieme a loro il mondo che incombe su di noi. Le crisi di ogni genere. Le povertà e la criminalità. Le bande criminali. Sono d'accordo con Maroni e la Lega - azzardo una stima, come fa a volte il Cavaliere, esagerando un po' - almeno due italiani su tre. Almeno. Quindi anche molti elettori di sinistra, che dicono ai loro partiti e ai loro dirigenti: ma basta! Difendere gli accattoni, i poveracci, i malandrini, gli stranieri, gli immigrati. Basta. E basta: aprire le porte al mondo. Fare entrare gli stranieri a casa nostra. Com'è avvenuto fino ad oggi per colpa - appunto - della sinistra. Come ha scandito il "Berlusconi radical choc", pochi giorni fa. Anche se - ma forse la memoria non ci aiuta - la legge in vigore fino ad oggi è denominata "Bossi-Fini". E si riferisce al Bossi di sempre e al Fini di qualche anno fa. Prima che cambiasse ruolo e identità. Lui sì: convertito.

E' vero: la sinistra è impopolare, perché non la votano più neppure gli operai. Perché è lontana dal popolo. Radical chic. Non vincerà mai se non ascolterà il suo popolo. Come sa fare la Lega. Tallonata da Berlusconi, che magari non passa il tempo nei bar di paese, come i leghisti, ma ha un paio di sondaggi al giorno che ascoltano la gente per suo conto. Tutto ciò, semmai, suggerisce una domanda, relativa a un'altra epoca, finita e irripetibile. La prima Repubblica, quando i sondaggi non c'erano o comunque non si usavano con questa frequenza. Ma i partiti maggiori erano radicati e presenti sul territorio quanto e anzi più della Lega. La Dc e il Pci come avrebbero agito negli anni Cinquanta e Sessanta se avessero ascoltato e soprattutto assecondato la gente? Se avessero inseguito il sentimento popolare? Allora non c'erano gli immigrati provenienti da tutto il mondo. Allora. Erano gli italiani a emigrare in giro per il mondo. Allora. Oppure migravano all'interno. Si trasferivano dal Sud al Nord. Dal Nordest a Nordovest. A Torino oppure a Milano. Se avessero dato ascolto alla gente, il Pci e prima di tutto la Dc. Nel Nord: forse avrebbero promosso i respingimenti degli immigrati siciliani o napoletani. Magari, perché no? anche veneti. Gli immigrati nostrani. Minaccia per l'ordine, l'etica e l'estetica. Sporchi, ignoranti e disonesti. Non c'è bisogno di sondaggi. Vi sono molti documenti: letterari, storici, giornalistici. Basta averci vissuto, in quel tempo. Io, figlio di veneti, ho girato il Nordovest fino all'adolescenza. D'altronde, non ci vuole grande sforzo di memoria. Basta tornare agli anni Ottanta, ai tempi dell'insorgenza leghista. I "nemici" erano Roma, il Sud, i meridionali. Molto più degli africani, che d'altronde erano ancora pochi. Lo slogan "Meglio negri che terroni" risuonava spesso. E sulle superfici più singolari apparivano incitamenti alle forze naturali: "Forza Etna! Forza Vesuvio! Fate il vostro dovere".

Se si fossero inseguiti i sentimenti del popolo, se si fosse ascoltata la "voce della gente", allora, il "decreto sulla sicurezza" avrebbe avuto altri bersagli. Non ci risulta sia mai avvenuto, nella prima Repubblica. Perché in democrazia, si dice, la maggioranza vince e governa, com'è giusto (anche se non è nel giusto). Il problema, semmai, è chi "rappresenta" il popolo. Come lo rappresenta. La sinistra, si dice, non lo sa ascoltare. E va bene. Siamo d'accordo. Però la destra, forse, lo ascolta anche troppo. E, anzi, fa del suo meglio perché esprima tutte le sue paure, tutta la sua insofferenza, tutta la sua intolleranza. Chissà cosa avverrebbe (e magari avverrà) se, in nome della sicurezza, qualcuno proponesse la pena di morte. Qualche punto percentuale, alle elezioni, potrebbe guadagnarlo. E qualche punto percentuale avrebbero potuto guadagnarlo i partiti di massa cavalcando l'intolleranza "interna". Magari in modo incrociato. Accentuando le tensioni territoriali. Il localismo in Italia ha radici profonde, anche se, per prudenza, non sono mai state "scoperte". Fino a ieri. La rappresentanza non è un'opera automatica, notarile. Non è uno specchio. Semmai è come una fotografia. Dipende dal fotografo scegliere come rappresentare la realtà. Su quale particolare puntare l'obiettivo. Quanto ingrandirlo. Quali emozioni cogliere, quanto e come amplificarle. Perché tutti siamo, in misura diversa, buoni e intolleranti. Xenofobi e generosi. Invidiosi e disponibili. Egoisti e altruisti. Impauriti e tranquilli. Poi, molto dipende dallo specchio che viene offerto. La sinistra, narcisa e irrealista, propone un'immagine radical chic. La destra è iperrealista. Offre un'immagine radical choc.

Meglio evitare di guardarsi allo specchio.


Ilvo Diamanti
15 maggio 2009

mercoledì 8 aprile 2009

Terremoto in Abruzzo

CONTO CORRENTE BANCARIO
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giovedì 2 aprile 2009

sabato 21 marzo 2009

Consiglio comunale: l'alienazione degli immobili.


Consiglio comunale del 26 marzo: parte prima











Consiglio comunale di lunedì 16 marzo

Ordine del giorno:

1) Definizione della misura percentuale dei costi complessivi per tutti i servizi pubblici a domanda individuale che viene finanziata con tariffe o contribuzioni ad entrata specificatamente destinate anno 2009;
2) Individuazione aree peep da cedere e determinazione prezzi per il 2009;
3) Approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni immobili;
4) Approvazione del bilancio di previsione 2009, del bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011, della relazione previsionale e programmatica e dei suoi allegati;
5) Riconoscimento legittimità del debito fuori bilancio riguardante la fornitura di gas metano per l’esercizio 2008 (art. 194 comma 1 lett. E) TUEL);
6) Cessione quote di SETA ECOLOGIA S.R.L. ;
7) Variante n. 2 al piano di lottizzazione – Via Facca (ZTO C2);
8) Modifica regolamento comunale per l’arredo urbano nel centro storico – Approvazione;
9) Sostituzione componente della 2^ commissione consiliare;
10) Mozione presentata dal gruppo consiliare Partito democratico e liste civiche avente ad oggetto : "Concessione contributo una tantum famiglie numerose";
11) Mozione presentata dal gruppo consiliare Lega Nord avente ad oggetto : "Mozione per verifica e monitoraggio siti per telefonia mobile nel territorio comunale";
12) Mozione presentata dal gruppo consiliare Parito democratico e Liste civiche avente ad oggetto : "Mozione per la predisposizione di un sistema

mercoledì 4 marzo 2009

lunedì 2 marzo 2009

Testamento biologico: Caro direttore,

Non stiamo discutendo solo di approccio filosofico, dobbiamo fare i conti con il mondo reale e con quello che accade dentro gli ospedali. Possiamo anche fare dell’ipocrisia una virtù, ma dobbiamo comunque dire che nelle rianimazioni italiane le decisioni sulla fine della vita dei pazienti vengono prese in continuazione, ogni giorno, da medici che operano In scienza e coscienza ma che, nella maggior parte dei casi, non possono conoscere gli orientamenti dei pazienti rispetto alle terapie da accettare o meno nelle fasi finali della vita. Bastano i risultati di una ricerca condotta dall’istituto Mario Negri di Milano che dimostra come su circa .8oo decessi avvenuti in cento rianimazioni sparse in tutto il Paese, nel 82% dei casi i medici abbiano attuato la cosiddetta «desistenza terapeutica» nelle ultime 72 ore di vita del paziente. La decisione dunque avviene nella «zona grigia» di Panebianco, il che significa che il medico di guardia (non il medico di una vita, il padre, la madre, un figlio o un parente) decide in scienza e coscienza, ma anche in solitudine, di non avviare la dialisi, di non somministrare la nutrizione artificiale, di non intubare il paziente per collegarlo al respiratore automatico. I medici decidono anche di sospendere le terapie, compresa la nutrizione artificiale (nel 17,6% dei casi) o il respiratore automatico (nel 5% dei casi).
Di fronte alla concretezza della realtà, io sono convinto che una legge sia necessaria, che non sia degno di un Paese civile che le decisioni sulla fine della vita di una persona siano prese senza tenere conto delle indicazioni di quella persona e senza un dialogo aperto e sereno tra i medici e i familiari. Le indicazioni lasciate dal paziente sono di conforto al medico in molte circostanze. Il dialogo con la famiglia può servire anche banalmente per permettere a un figlio che abita lontano di viaggiare per poter vedere per l'ultima volta il proprio genitore. La realtà della vita è fatta anche di gesti semplici e umanamente comprensibili; per questo servono le regole e non l’ipocrisia. Capisco che il mio approccio possa essere influenzato da quasi vent’anni vissuti in una cultura anglosassone, ma su questo tema non voglio smettere di sperare che il mio Paese, per una volta, non accetti di fare «all’italiana», ovvero evitando o aggirando le regole. Voglio essere ottimista, e mi auguro che riusciremo a fare quel passo avanti necessario per lasciare da parte l’emotività e avvicinarci alla cultura delle società liberali, di cui parla Panebianco, in cui ogni persona abbia la possibilità di lasciare delle indicazioni su come essere curato nel momento più imperscrutabile della nostra esistenza, quello del passaggio dalla vita alla morte. E' chiedere troppo?
"

http://www.ignaziomarino.it/Archivio/2/marino_corriere_fine_vita_26_feb.pdf

mercoledì 11 febbraio 2009

Rompiamo il silenzio

Leggi tutto e firma l'appello all'indirizzo
http://www.libertaegiustizia.it/appelli/dettaglio_appello.php?id_appello=11

“Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”. Norberto Bobbio

Primi firmatari: Gustavo Zagrebelsky, Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Umberto Eco, Claudio Magris, Guido Rossi, Sandra Bonsanti, Giunio Luzzatto, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Salvatore Veca.

Rompiamo il silenzio. Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.
Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.

giovedì 5 febbraio 2009

Appuntamenti futuri.

A Cittadella.
Organizzeremo in Torre di Malta un incontro per capire la proposta leghista per il federalismo. Abbiamo invitato l'onorevole Bitonci e un nostro consigliere regionale per un confronto informativo sulla legge che è già passata in senato e su come inciderà nell'amministrazione del nostro territorio.
La nostra iniziativa rientra nel progetto: "Quattro venerdì del Partito Democratico", tutti in Torre di Malta, per il mese di marzo, che saranno dedicati a:
1- presentazione candidati per le primarie per il candidato presidente della provincia, che si svolgeranno l'8 marzo.
2- l'incontro di cui sopra sul federalismo.
3- un incontro sul nostro distretto socio-sanitario organizzato dai nostri consiglieri comunali.
4- un incontro sulla crisi economica.
Come pubblicizzeremo: volantinando casa per casa e contattando personalmente tutti i votanti del 14 ottobre 2007.
Come puoi aiutarci: partecipando agli incontri, aiutandoci a volantinare, diffondendo l'evento ai contatti via mail.

Di altre iniziative a livello comunale vi dirò più avanti.

A Padova
.
Sta prendendo vita il movimento provinciale. Il nostro Tommaso avrà un posto nel direttivo, ma stanno già partendo i primi gruppi di approfondimento tematici.
Legalità e giustizia: stasera parte il gruppo, ma per chi di voi fosse interessato a partecipare in futuro, riceverà il rimborso del viaggio.
http://gd-padova.webnode.com/products/prima%20riunione%20gruppo%20giustizia-legalit%C3%A0/
Immigrazione: LUNEDI 9 FEBBRAIO ALLE ORE 16:00
http://gd-padova.webnode.com/products/prima-riunione-gruppo-immigrazione/
Vale lo stesso discorso di cui sopra.

In Veneto.
Anche il movimento regionale inizia a prendere forma. Il suo obiettivo è porre fine a questa fase di poca chiarezza nelle proposte politiche e di costruire la linea politica caratterizzante in tutta la regione.
Per chi fosse interessato a partecipare, qui trova l'elenco delle commissioni, alle quali ci si può iscrivere al massimo a due.
Novità dal Regionale.
Vale il solito discorso: le spese di viaggio per partecipare agli incontri, che comunque saranno a Padova, verranno rimborsate.

E' difficile essere incisivi nel proprio comune quando non c'è un progetto politico a più ampio respiro che interessi il territorio. Non è accettabile un movimento giovanile senza idee forti, frutto di uno studio e di un confronto serio, concrete e chiare. Per chi è stanco di aspettare proposte forti ed intelligenti che faticano ad arrivare da Roma, questa è l'occasione per diventarne promotori in prima persona, o partecipando direttamente agli incontri, oppure inviando a me o Tommaso le vostre idee e proposte, che noi porteremo avanti all'interno del giovanile.

Per il momento è tutto. Spero stiate bene e di vedervi presto.
Laura

PS:vi ricordo il nostro blog targatocittadella.blogspot.com e il sito nuovo del giovanile provinciale http://gd-padova.webnode.com/

Quando Bondi difendeva le cure ai clandestini

La posizione della Lega, che per bocca di Roberto Maroni ha appena ribadito che «per contrastare l'immigrazione clandestina e tutto il male che porta non bisogna essere buonisti ma cattivi», è netta. Al punto che, durante un dibattito con Livia Turco, il deputato Matteo Salvini si è spinto a dire che bisogna smetterla con «certe signorine che a spese nostre hanno fatto otto aborti». Non meno netta la posizione di chi, oltre all'opposizione parlamentare, si mette di traverso alla proposta leghista, come Medici senza Frontiere, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, la Comunità di Sant' Egidio, il Cuamm - Medici Con l'Africa, Emergency, Amnesty International, le Acli, e un mucchio di altri soggetti pubblici e privati, laici e cattolici, uniti dallo slogan «Siamo medici e infermieri, non siamo spie».

Link all'articolo completo di Gian Antonio Stella

I medici possono denunciare i clandestini

Il Senato approva l'emendamento della Lega. Il Pd aveva chiesto il voto segreto: «Violazione della Costituzione»

ROMA - I medici potranno denunciare gli stranieri irregolari. Il Senato ha approvato l'emendamento presentato dalla Lega, primo firmatario il capogruppo Federico Bricolo, che cancella la norma secondo cui il medico non deve denunciare lo straniero clandestino che si rivolge alle strutture sanitarie pubbliche. Duro attacco dell'opposizione, che aveva chiesto il voto segreto perché l'emendamento, secondo Giovanni Procacci (Pd), «è in palese violazione della Costituzione». Il presidente del Senato Schifani ha respinto la richiesta e si è proceduto con il voto elettronico: i sì sono stati 156, 132 i no, un astenuto.

«MEDICI RIDOTTI A DELATORI» - Prima del voto l'opposizione si era appellata al buonsenso per non introdurre una norma che «riduce il medico a fare il delatore», costringendo i clandestini a «non farsi curare per paura». Il senatore Daniele Bosone ha detto che questa norma «straccia il codice deontologico dei medici» e si corre «il concreto rischio di incentivare una medicina parallela che gli illegali utilizzeranno per non trovarsi a essere denunciati se vanno in ospedale o da un medico». Il rischio, aggiunge Bosone, è che «clandestini con malattie che portano dal loro paese non si facciano curare» con conseguenze per la stessa sanità pubblica. Secondo Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd, è stato «valicato il passo che distingue il rigore della legge dalla persecuzione». Duro anche il presidente dei senatori dell'Udc Gianpiero D'Alia: «Con il voto di mercoledì il Parlamento ha voluto dire che un governo non deve essere né cattivo, come dice Maroni, né buono, ma semplicemente giusto. Questo è lo stato di diritto, oggi siamo alla barbarie».

SCHIFANI - A difendere l'emendamento è stato il presidente del Senato Renato Schifani rispondendo proprio alle critiche dell'opposizione e motivando così il no alla richiesta di voto segreto: se la norma «violasse o impedisse la possibilità di accedere al servizio sanitario nazionale - ha spiegato -, allora sarebbe un mancato rispetto della persona umana, ma questa norma non impedisce allo straniero di presentarsi presso le strutture del sistema sanitario nazionale».

IL TESTO UNICO - L'emendamento al ddl sicurezza approvato da Palazzo Madama sopprime il comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, ossia il Testo unico di disciplina dell'immigrazione. L'articolo in questione recita: «L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».

MEDICI SENZA FRONTIERE - Durissimo il commento di Medici senza Frontiere, secondo cui in questo modo viene minato il diritto alla salute. «Siamo sconcertati per la scelta del Senato di avere consapevolmente ignorato il grido di allarme lanciato dagli ordini professionali di medici, infermieri e ostetriche e da centinaia di associazioni e rappresentanti della società civile - dice Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia -. Una scelta che sancisce la caduta del principio del segreto professionale per il personale sanitario volto a tutelare il paziente come essere umano, indipendentemente da ogni altra considerazione». Un provvedimento che «creerà nell'immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza in grado di ostacolarne l'accesso alle strutture sanitarie. Tutto ciò potrebbe provocare una pericolosa marginalizzazione sanitaria di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio». MSF, promotrice insieme a SIMM, ASGI e OISG della campagna «Siamo medici e infermieri - Non siamo spie», ha fatto appello alla Camera dei deputati perché riveda la posizione assunta dal Senato sul comma 5.

L'ARTICOLO "ANTI-CLANDESTINI" - L'articolo 39 del ddl sicurezza - che include anche la norma sui medici - prevede inoltre il carcere fino a quattro anni per i clandestini che restano in Italia nonostante l'espulsione e fissa tra gli 80 e i 200 euro la tassa sul permesso di soggiorno. L'articolo è passato con voto segreto: 154 i sì, 135 no e un astenuto.

RONDE DEI CITTADINI - Sempre nell'ambito del ddl sulla sicurezza, il Senato ha approvato l'articolo 46 che introduce le ronde dei cittadini, che dovranno essere armate. Gli enti locali potranno avvalersi della collaborazione di «associazioni volontarie di cittadini», si legge, per la segnalazione di «eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero di situazioni di disagio sociale agli organi di polizia locale e alle forze di polizia». Grazie all’approvazione di un emendamento del Pd, appoggiato dal governo e dal relatore, viene specificato che non dovranno essere armate e che non potranno «cooperare all'attività di presidio del territorio», come invece prevedeva il testo licenziato dalla Commissione.

REGISTRAZIONE SENZATETTO - L'articolo 44, anch'esso approvato, indica infine che i senzatetto devono essere schedati in un apposito registro. La schedatura avverrà entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge. In mattinata il Senato ha votato tutti gli articoli del ddl sicurezza.

sabato 31 gennaio 2009

www.quattrogatti.info

www.quattrogatti.info
Il progetto "QUATTROGATTI" nasce dalla volontà e dall’ambizione di noi giovani di essere testimoni e protagonisti della vita del nostro Paese. Fare informazione sarà il nostro modo di partecipare.

Siamo studenti e giovani lavoratori nel campo economico. Ci siamo uniti constatando che gli argomenti economici sono spesso presentati in modo poco efficace. Per chi non ha una preparazione specifica diventa difficile cogliere il senso di fondo dei dibattiti e non rimanere spaesati di fronte alle tante opinioni contrapposte.

Il nostro obiettivo è quello di fare informazione in modo semplice, rigoroso e accessibile a tutti. Vogliamo essere un complemento agli organi informativi utilizzando sistemi di comunicazione che consentano una maggiore interazione tra chi scrive e chi legge, in modo da spiegare argomenti complessi con semplicità.

Ci auguriamo che altri ragazzi e ragazze condividano l’essenza del nostro progetto e vogliano parteciparvi in modo autonomo e indipendente contribuendo a fare informazione su varie tematiche non solo economiche.

Noi metteremo a disposizione la nostra piccola esperienza, il nostro tempo e la nostra faccia, contando sul vostro desiderio di coinvolgimento.

VIDEO: LA CRISI DEL SISTEMA ECONOMICO http://www.quattrogatti.info/index.php?option=com_content&view=article&id=56&Itemid=68

mercoledì 28 gennaio 2009

CONSIGLIO COMUNALE DEL 26 GENNAIO 2009

Il Consiglio era in programma alle ore 20.30, ma a quanto pare ritardare anche di mezz’ora non è una cosa grave…naturalmente i nostri consiglieri erano tutti puntuali, già allineati contro il fronte compatto della maggioranza che invece presentava diverse sedie vuote.

Prima di iniziare il Consiglio vero e proprio ci sono state tre interrogazioni della maggioranza alla Giunta comunale…la prima, del consigliere Rebellato, riguardava la notizia apparsa sul Mattino dell’offerta (così ho capito) della Birreria Torre: 15 litri di benzina per 20 litri di birra acquistati…una promozione che contrasta con le varie campagne anti-alcool promosse da Comune, provincia, ASL e scuole; l’assessore Bolesani ha promesso di parlare col gestore del locale per chiarire la questione.

Dopodiché è entrato in scena Paolo Parolin, il quale ha chiesto perché il Consiglio Comunale non è stato informato sulle presunte irregolarità emerse nell’analisi del bilancio del 2006 e del preventivo 2008, come richiesto dalla Corte dei Conti. Il sindaco è salito in cattedra con il suo splendido senso civico affermando che non spetta a lui informare il Consiglio, che Parolin nel 2006 non era ancora stato eletto e invitandolo implicitamente (ma neanche troppo) a farsi gli affari propri.

La terza e ultima interrogazione è stata alquanto complessa: Rebellato ha invitato il sindaco a rispondere a domande rivoltegli in passato e da lui giudicate “politiche”, quando invece palesemente non lo erano (si trattava di domande “tecniche”) e ha criticato l’Amministrazione per non aver fronteggiato in modo adeguato il problema della neve emerso durante le vacanze natalizie…diversi cittadini infatti sono dovuti andare in ospedale in seguito a cadute nel Centro Storico. E qui altra risposta cortese del nostro Sindaco-(Dis)Onorevole: egli infatti ha affermato che in realtà ci sono state azioni tempestive da parte degli Enti deputati (la relazione completa è stata effettuata dall’assessore Bonetto, di cui purtroppo non posso evidenziare causa amnesia momentanea i passaggi più significativi) e quindi i Consiglieri d’opposizione dovrebbero solo stare zitti, dato che anche a Capodanno durante i festeggiamenti c’è stata gente che ha lavorato sodo, non come quelli della CGIL o una larga fetta dei dipendenti pubblici che non fanno mai un tubo (non ricordo bene questo discorso, so che ha fatto questi esempi all’incirca).

Finita questa disputa si è passati al Consiglio vero e proprio: dieci erano i punti all’ordine del giorno, i primi quattro dei quali riguardavano diversi lavori di edilizia urbanistica, consistenti nell’ampliamento di alcuni fabbricati in Riva del Grappa, in Borgo Vicenza, Via Brentella e nell’ampliamento del fabbricato che ospita Gobbo Salotti sulla strada per Galliera, tutti presentati dall’architetto comunale, il dottor Scapin.

Qui non ci sono state dispute particolari, se non sui primi due punti, a causa dei precedenti rinvii per motivi tecnici poco chiari alle opposizioni presentati dalla maggioranza nello scorso Consiglio e nella successiva Riunione dei Capigruppo. I consiglieri pro Bitonci hanno sempre votato compatti a favore, mentre i nostri rappresentanti si sono astenuti due volte,mi pare,e hanno votato a favore due volte: l’astensione, nel caso Gobbo Salotti, riguarda il fatto che si va a sottrarre altro terreno alle attività agricole, quando già ci sarebbe un sito deputato alla costruzione di nuovi fabbricati.

Il punto successivo riguardava i nuovi siti di telefonia mobile, ossia le antenne dei vari gestori, che si vorrebbe far aumentare di numero: nulla da segnalare, tranne un piccolo dibattito di natura estetica tra i vari consiglieri e l’architetto Scapin. (A voi piace l’antenna vicina al cimitero Austro-Ungarico???). Anche qui i nostri consiglieri si sono astenuti.

Passiamo alla seconda metà del Consiglio: i punti dal 6 al 9 sono stati liquidati in tempo relativamente breve, e trattandosi di questioni “burocratiche” non ho capito molto. In sostanza si è parlato dell’utilizzo dei fondi riserva,e sono state lette le cifre delle entrate, dei contributi vari e delle spese del nostro Comune.

Il punto 8 verteva sulla modifica dell’articolo 4 (di che cosa???è questo il problema…scusate…immagino di un qualche statuto o regolamento comunale) che non prevede l’assegnazione del gettone di presenza ma la partecipazione gratuita alle Commissioni istituite dall’Amministrazione, una richiesta già avanzata da Parolin quasi due anni fa in occasione dell’insediamento del Consiglio, prontamente respinta ma tornata di moda con queste nuove modifiche in ottemperanza alla decisione di ridurre gli sprechi degli Enti Locali.

A dar fastidio qui non è stato tanto l’intervento del sindaco, ma il fatto che nessuno avesse con sé il nuovo regolamento in modo da presentare chiaramente la nuova modifica all’articolo 4…Paolo non l’aveva ricevuto, e nessuno ha pensato di portarlo, pur dovendo parlare di questo articolo. Lasciamo perdere.

Il punto 9 consisteva nella delibera sulle detrazioni ad abitazioni per motivi particolari (di natura “sanitaria”, principalmente): con la nuova idea del governo sull’ICI, è emerso durante il dibattito, il nostro Comune è stato premiato meno di altri, pur essendo più virtuoso nell’applicare l’aliquota più bassa – il 4 per mille-. Niente da segnalare neppure qui.

L’ultimo punto era poesia allo stato puro: la Lega, dopo aver buttato giù a Roma il rospo della deroga al Patto di Stabilità per il Comune di Roma e altri come Catania, ora qui a Cittadella chiede al sindaco di attivarsi in Parlamento per permettere anche agli altri Comuni di violare questo Patto per realizzare alcune importanti opere.

Della serie “Roma Ladrona” a Cittadella, ma “Roma Padrona” in Parlamento. Il sindaco ha prontamente accusato Veltroni della cattiva gestione chiamandolo “il vostro compagno, com’è proprio il caso di dire in questa situazione” (ma esiste ancora il PCI??????????) e accusando le amministrazione del Sud, comprese quelle del PDL, di mangiarsi i soldi che arrivano a loro.

L’opposizione di centro-sinistra ha abbandonato la sala al momento della votazione per la palese contraddizione della mozione letta e presentata dalla signora Contarin della Lega. Qui è praticamente finito il Consiglio (o meglio,sono andato via io in quel momento).

Spero di essere stato il più corretto e preciso possibile…spero di non avervi annoiato,ringrazio tutti quelli che avranno così tanta pazienza da leggermi.

Era il mio primo consiglio comunale, e ne sono uscito assai depresso…mi dà fastidio vedere una maggioranza silenziosa come quella di ieri sera, a parte la Contarin, Milani (il più corretto ed educato dei leghisti, mi è parso) e Bertoncello Brotto gli altri hanno solo alzato la mano per votare.

Inaccettabile è poi il comportamento del Presidente del Consiglio Comunale Balsamo, che è compiacente in modo vergognoso nei confronti del Sindaco e ha votato tutte le delibere presentate, quando invece in teoria per prassi istituzionale non avrebbe dovuto farlo. Se sto dicendo una cavolata correggetemi.

mercoledì 14 gennaio 2009

APPUNTAMENTI FUTURI

Venerdì 16 gennaio
17:30 -
Mestre - cinema Corso, corso del Popolo
Walter Veltroni presenterà la candidatura di Davide Zoggia alla Presidenza della Provincia di Venezia. Sono previsti gli interventi di Massimo Cacciari e Davide Zoggia.

20.45
c/o Ex Fornace Carotta - Padova, Piazza Napoli, 74.
Incontro-dibattito aperto sui temi dell'energia nucleare in cui interverranno alcuni esperti del settore, organizzato da alcuni GIOVANI del circolo cittadino "IL PONTE" (Padova - Guizza)

Sabato 17 gennaio: incontro Giovani dell'Alta a Camposampiero con gli eletti all'Assemblea Regionale Francesca Passuello, Tommaso Pettenuzzo e Davide Fiume, in vista dell'Assemblea Regionale
ritrovo alle ore 15.00 in Piazza del Municipio di Camposampiero

Domenica 18 gennaio: Assemblea regionale.
L'assemblea si terrà dalle ore 10.30 fino alle ore 18.30 presso la Fornace Carotta, a Padova (Piazza Napoli n.74)
L’ordine del giorno dei lavori è il seguente:
1. dibattito ed elezione del Segretario
2. definizione delle Commissioni Statuto e dei Valori;
3. adempimenti relativi ai dispositivi votati dall’Assemblea Nazionale;
4. costituzione di commissioni tematiche;5. varie ed eventuali


Venerdì 23 gennaio ore 19.45: Fiaccolata per la pace
Hanno dato o stanno per dare l’adesione ben 8 comuni: Curtarolo, Piazzola sul Brenta, Campo San Martino, San Giorgio delle Pertiche, San Giorgio in Bosco, Vigodarzere, Villafranca PD, Campodoro.
Hanno pure aderito CGIL-CISL-UIL, AVVISO PUBBLICO-LIBERA.
Sono promotrici con i Comuni molte parrocchie ed Istituti scolastici. Naturalmente molte associazioni di volontariato ecccc…
Saranno raccolti fondi che saranno consegnati alla CARITAS.
Funzionerà un servizio BUS fra Piazzola sb e Curtarolo sia all’arrivo che alla fine per il ritorno. Presso la chiesa San Benigno di Piazzola sb ci sarà pure un recital Gospel ed un ristoro. Le fiaccole si potranno prendere come le bandiere per la pace a Pieve di Curtarolo.



SEGNALO A TUTTI IL NUOVO SITO DEI GIOVANI DEMOCRATICI DI PADOVA
http://gd-padova.webnode.com

sabato 3 gennaio 2009

DIRITTO UNIVERSALE... PRIVATO

Riporto un recente articolo, pubblicato dal Manifesto, di Rosario Lembo ed Emilio Molinari, contro la privatizzazione dell’Acqua.



“Il 10 dicembre 2008 è stato il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. Quale diritto umano è più universale, più naturale, più vitale, del diritto all’acqua? Eppure L’Onu, L’Ue, i G8, la stragrande maggioranza dei governi del mondo compreso il nostro, si rifiutano di dichiarare l’acqua come Diritto umano e si rifiutano di definire 50 litri di acqua di buona qualità per persona al giorno, come la quantità minima per vivere dignitosamente, così come afferma l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’Onu non si pronuncia e il suo Consiglio dei diritto umani nel marzo scorso ha rinviato di tre anni il rapporto sui diritti umani.
Ma nel nostro paese nessuno sembra indignarsi per questo. L’acqua è un Bene comune? Lo afferma il Compendio alla dottrina sociale della Chiesa, il Cnel sostiene che non è un prodotto commerciale e persino il ministro Tremonti dichiara che non può essere regolato dal mercato. Ma il 6 agosto il parlamento italiano ha votato la legge 133 dove all’articolo 23 bis, si fa obbligo ai comuni di privatizzare tutti i servizi pubblici locali, compresi i servizi idrici, dichiarandoli servizi di «rilevanza economica», in una parola l’acqua potabile diventa un bene economico la cui gestione è affidata al mercato. Inoltre, cosa vuol dire privatizzare tutti i servizi pubblici locali? E’ lo svuotamento più clamoroso della funzione dei comuni e della democrazia. Cosa resta ai comuni? Gestire le paure dei cittadini? Vendere territorio, parchi e coste agli speculatori di sempre per fare cassa? Mettersi a giocare in borsa con i derivati?
Succede in Italia. E alla Lega vorremmo dire: che senso ha parlare di federalismo quando i beni comuni fondamentali dei territori, vengono consegnati a multinazionali? Privatizzare tutta l’acqua potabile del nostro paese è un terribile salto nel buio, è privatizzare la vita stessa dei cittadini italiani, giocarla in borsa, consegnarla al profitto privato, nelle mani di un cartello monopolistico di 4 multiutility (Acea- Iride- Hera-A2A) , di 2 multinazionali francesi Suez-Lyonnais des eaux e Veolia, di alcune banche come il Monte dei Paschi e a imprenditori come Caltagirone e Pisante. E’ inutile girare attorno alle parole: le privatizzazioni, la legge 133, l’art. 23 bis sono una nuova tangentopoli italiana, la conferma che nel nostro paese la questione morale è completamente trasversale.
Succede in Italia, mentre il comune di Parigi toglie a Suez e Veolia il servizio idrico e lo riprende nelle proprie mani pubbliche, mentre paesi dell’America latina dichiarano nelle Costituzioni che l’acqua è un diritto umano e un bene comune pubblico. Mentre nella stessa Europa il Belgio dichiara con leggi che l’acqua è un bene comune da gestire come servizio pubblico, in Italia la politica nel suo insieme partorisce la legge 133 art. 23 bis. Eppure pochi sembrano indignarsi col governo che mette ai voti una simile legge e con l’opposizione che lo attacca perché non ha privatizzato con più decisione. Nessuno si ribella né scende nelle piazze o sommerge con una valanga di mail i propri partiti. Qualche sindaco ha un moto di dignità, protesta, oppone resistenza, qualche coraggioso giornalista denuncia con forza la gravità di quanto sta accadendo, ma l’indifferenza della società civile sconcerta. Per l’acqua potabile, nelle mani delle multinazionali o della criminalità organizzata, per l’aria di cui si vendono le quote di inquinamento, per le morti sul lavoro, il cibo, la privatizzazione delle Università e della conoscenza, per i grandi diritti universali, sociali e collettivi, non c’è indignazione, né mobilitazione, nemmeno tra i lavoratori, chiusi di fatto in una dimensione corporativa. Solo gli studenti, con la loro lotta si collocano in questo passaggio epocale che è la mercificazione dei beni comuni di cui la 133 è la concretizzazione.
L’acqua che pure è donna e madre, è fertilità, non suscita reazioni nei movimenti femminili e femministi, e come nei movimenti per i diritti degli omosessuali. Eppure il diritto negato all’acqua, discrimina chi non ha i mezzi per pagarla e è la negazione d’ogni civiltà. Il bene comune chiede a tutti di cogliere l’interesse generale, il contenuto che unifica l’intera comunità e la chiama alla partecipazione.
Ecco perché In occasione della giornata Mondiale dei Diritti Umani, come Comitato italiano per un contratto mondiale sull’acqua lanciamo un appello a tutti i movimenti, affinché condividano la nostra indignazione e lottino con noi.
E’ un appello che rivolgiamo anche alla Chiesa italiana e alle sue massime autorità che proclamano il diritto alla vita nelle scelte personali, ma tacciono sulla vendita obbligata del dono di dio e non denunciano il mancato riconoscimento dell’universale diritto sociale e collettivo all’acqua per tutti.
Chiediamo al Parlamento europeo che concretizzi i principi della risoluzione del marzo 2006 sul carattere pubblico dei servizi idrici, alla commissione europea affinché al 5° Forum Mondiale di Istanbul riconosca il diritto all’acqua e affidi all’Onu il Forum mondiale. Ai parlamentari italiani chiediamo un ripensamento sull’articolo 23 bis e un piano di investimenti pubblici per riparare le reti idriche e per finanziare progetti pubblici che portino l’acqua potabile a chi nel mondo non ne ha.
L’Onu nel 2006 ci ha informato che c’è una Crisi Mondiale dell’Acqua, che entro 30 anni il 60 per cento della popolazione vivrà al di sotto della soglia del conflitto idrico di 1000 metri cubi all’anno per persona, che il 48 per cento della domanda di acqua resterà senza risposta, che gli epicentri della crisi saranno: Cina-India, Usa, Mediterraneo, che 820 milioni di contadini oggi al livello di sussistenza verranno spazzati via e che 1 miliardo di profughi idrici si aggirerà disperata per il mondo.
Ma 4 Forum Mondiali dell’Acqua, presieduti dalle multinazionali Suez Lyonnais des eaux e Veolia, hanno impedito l’affermarsi del diritto umano all’acqua, l’Onu nel marzo di quest’anno ha conferito a un gruppo di imprese multinazionali utilizzatrici dell’acqua (Nestlè, Coca Cola, Pepsi Cola, Unilever, Levi Strauss, General Electric) il mandato di redigere un «Patto Mondiale per l’Acqua» che assieme al 3° Rapporto sui Programmi di gestione mondiale dell’acqua, saranno presentate come proposte per il 5° Forum Mondiale dell’acqua (marzo 2009 Istanbul) .
Tacere di fronte a queste scenari è un crimine, che ci rende tutti responsabili di aver firmato una cambiale per le prossime terribili guerre. Denunciare questa indifferenza è il modo migliore per onorare la Dichiarazione universale dei diritti umani .
E il Comitato italiano che ha partecipato alla manifestazione promossa da un Coalizione europea di venti e più associazioni impegnate a difesa dell’acqua che si è svolta il 10 dicembre davanti al Parlamento europeo, intende farlo con questo appello."


Alcune informazioni: www.contrattoacqua.it

http://it.youtube.com/watch?v=1nAB7ORGzrA